Dalla storia di Bach la sua filosofia.

Edward Bach nasce a Moseley, vicino Birmingham in Inghilterra, da famiglia di origine gallese il 24 settembre del 1886,.
Fin da piccolo mostra un grande interesse per la natura e una spiccata sensibilità alla sofferenza degli altri. Adoloscente decide di studiare medicina, cosa che poi farà dopo aver lavorato per qualche anno nella fonderia del padre. Nel 1912 si laurea in medicina e dal 1915 lavora nel reparto di batteriologia dell'ospedale della Scuola Medica.
Nel luglio del 1917 viene ricoverato per una grave emorragia e gli vengono diagnosticati tre mesi di vita a causa di un tumore incurabile.
Si butta nel lavoro giorno e notte, studiando, facendo esperimenti e quando si accorse che i tre mesi sentenziati dai medici erano trascorsi e lui stava meglio di prima, concluse che il suo grande amore per la vita lo aveva salvato.
Dal 1919 per qualche anno lavora presso l'ospedale omeopatico di Londra dove conosce e approfondisce la teoria omeopatica. Da Hanneman (Organon, 1810) imparò due cose fondamentali che posero le basi per lo sviluppo successivo delle sue ricerche: non si cura la malattia cercando di eliminare i sintomi con rimedi che alterano la chimica del corpo umano, ma si cerca di riavviare il dialogo energetico nel corpo del paziente; le cure allopatiche sono nella maggior parte dei casi più distruttive della malattia stessa.
In questi anni, al fianco dei malati, osserva le reazioni delle persone di fronte al disagio e come poi le stesse reazioni incidano sul processo della malattia, determinandone l'aggravamento. Osserva le reazioni individuali e la guarigione e/o la malattia procedano in modo diverso per ognuno. Arriva alla conclusione che più importante della reazione fisica alla malattia è la dinamica emozionale che il malato vive in quella situazione di dolore così come nella vita. I sentimenti e le emozioni diventano punti primari e fondamentali nel trattamento della patologia fisica.
Sempre nelle corsie dell'ospedale egli assiste alla sofferenza derivante dalle cure farmacologiche che molto spesso sono più dolorose della patologia stessa e decide che la cura deve essere il più possibile delicata ovvero segua l'individuale ritorno al proprio "possibile" equilibrio.
Dal 1920 in poi Bach si occupa di immunologia e inizia a preparare i suoi vaccini con tecnica omeopatica, sette vaccini orali o nosodi [1] preparati sulla base di sette batteri che egli isola nell'intestino di malati cronici.
Durante il lavoro si rende conto che ad ogni batterio corrisponde una differente personalità del malato e da allora comincia con successo a prescrivere secondo i sintomi caratteriologici del paziente e non più secondo i sintomi di malattia.
Come già aveva operato Hannemann, anche Bach si avvia sempre più verso la cura del malato e non della malattia e grazie alla propria dolorosa esperienza personale seguita dalla scoperta dei nosodi egli impara ad ascoltare differentemente il suo paziente. Si tratta di "guardare" in altro modo, ovvero il colpo d'occhio sulla struttura fisica, i tratti caratteristici appartenenti ad un numero definito di "tipologie" con caratteristiche che condividono tipi comuni di funzioni . Bach aveva notato in un grande numero di pazienti, una notevole affinità tra i modi comportamentali (tipologie), la fisiologia (terreno) [2] e la presenza di batteri patogeni. Fu da questa osservazione che realizzò dei rimedi omeopatici [3] a partire dai batteri tipici rinvenuti (che non a caso sono sette come i successivi stati d'animo da lui ritenuti fondamentali).
Si dedica anche allo studio di diete e giunge alla conclusione che la dieta migliore comprende soprattutto alimenti crudi,noci, cereali e verdure che hanno la capacità di ridurre le tossine prodotte dall'intestino (oggi la medicina allopatica permette la consumazione di alimenti definibili "morti" o prodotti industrialmente, carne in grande quantità, etc.).
Scopre poi che piante ed erbe hanno un effetto simile a quello dei nosodi e, infine, arriva a raccogliere i fiori di piante comuni e selvatiche , partendo dall'ipotesi che nei fiori si trovi concentrata la vita della pianta, poiché esso contiene il seme potenziale. Li espone al sole poggiati su acqua di fonte e sperimenta che proprio l'acqua, raccolta dopo tale esposizione ha assorbito le qualità stesse del fiore.
Occorre tenere di conto che Bach faceva parte della Grande Loggia Massonica di Londra (1717), per cui conosceva molto bene sia l'esoterismo che l'alchimia che l'astrologia. Sapeva quindi che cosa cercava e usava la sua intuizione per studiare le abitudini dei fiori e degli alberi così come per percepire le loro vibrazioni.
Tra gli anni 1930 e 1936 Bach scoprì i suoi 38 fiori (in tav.3-1 e tav. 3-2 è riportato il percorso di scoperta dei fiori) e associò alcuni di essi ottenendo così il 39°, il rimedio di emergenza.
E' del 1930 il libro "Guarisci te stesso", in cui spiega come la malattia del corpo non ha necessariamente una causa fisica, ma piuttosto uno stato d'animo che, tramite le emozioni corrispondenti, interferisce con il normale equilibrio biochimico.
Bach pose l'accento sull'importanza della felicità della vita, poiché non solo apporta salute, ma indica come la persona stia vivendo pienamente la sua vita sulla terra, senza essere succube degli altri, ma avendo nello stesso tempo anche la capacità di aiutarli.
Nei primi mesi del 1931 Bach aveva scoperto dodici fiori relativi ad altrettanti stati emozionali e scrisse il piccolo libro "I dodici guaritori" che vedrà la sua terza edizione nel 1935.
Nel marzo dello stesso anno iniziò una nuova serie di 19 fiori: poiché il primo scoperto fioriva d'inverno, quando il sole è debole e non consente l'estrazione del principio per esposizione al sole, inventò il metodo della ebollizione.
Morì nel sonno il 27 novembre 1936 nella casa di Mount Vernon, in Gran Bretagna, tra i suoi fiori. Lasciò all'umanità il prezioso set di fiori, il frutto della sua conoscenza, il seme per un'esplorazione più vasta.

 


[1] Dal greco nosos che significa malattia. I nosodi, in generale, sono rimedi preparati a partire da organismi viventi, liquidi organici, organi morti e/o addirittura in putrefazione

[2] Nel diciannovesimo secolo Pasteur stabilisce la teoria del germe secondo la quale la malattia è dovuta all'invasione di germi di vario tipo nel corpo umano. Egli scopre così gli antibiotici che segnano l'ingresso nella nuova era della medicina.

Quasi in contemporanea, un altro scienziato francese, Claude Bernard, introduce un concetto che sembra preso da Hannemann: la malattia non è dovuta assolutamente al germe che invade il corpo, ma a quanto il corpo reagisce a tale germe, ovvero il "terreno" che trova. Se il terreno non è buono per quel germe la malattia non si sviluppa: sono le basi di quella ricerca che porterà alla scoperta della PNEI nel ventesimo secolo. Eppure ancora oggi la medicina ufficiale basa le sue terapie sulla teoria del germe.

[3] Dal greco omeos (simile) e pathos (sofferenza): il rimedio provoca una sofferenza simile a quella della patologia da risolvere, spingendo il meccanismo il corpo a reagire producendo le sostanze adatte a debellarla. Il meccanismo di funzionamento del rimedio omeopatico è riportato in App.1.

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